Zelensky prosegue instancabile i suoi appelli ai parlamenti europei e al congresso degli Stati Uniti ricevendo applausi scroscianti e sostanziosi aiuti per la guerra ma non quella no fly zone che potrebbe fermare i bombardamenti. Il teatro di Mariupol dove avevano trovato rifugio un migliaio di persone è stato bombardato. Una strage. Odessa viene cannoneggiata dal mare dalla marina militare russa. L’offensiva russa si è impantanata nel fango e nella resistenza ucraina. Il paradosso sta nel fatto che gran parte degli ufficiali ucraini hanno studiato nelle scuole militari russe. Ne conoscono alla perfezione schemi e tattiche. E applicano benissimo le contro mosse.
A Putin sono bastate le minacce per far tacere tutta l’Europa. A parole, al fianco del popolo ucraino invaso dall’esercito russo, nei fatti grandi richieste di incontri, colloqui, diplomazie al lavoro. Tavoli, bilaterali, la Turchia si offre come mediatore. Tutto questo affanno scenografico non tiene conto di un fatto semplice e basilare: Putin non cerca soluzioni ma solo l’annessione di ciò che considera suo, ovvero gran parte dell’ Ucraina.
Nell’essere umano c’è una quota di razionale e una di emozione. Si bilanciano. Nella situazione attuale l’equilibrio minaccia di rompersi. Fino a quando la civile e democratica Europa potrà sopportare l’invasione di una nazione sovrana? Fino a quando basteranno le parole e le emozioni per evitare una risposta forte ad un autocrate in preda ad un sogno coltivato fin da ragazzo: riunificare l’impero russo ? Rimettere in chiaro sulla carta geografica la scritta URSS ?
La minaccia nucleare rende tutti, giustamente, cauti. Ma è una minaccia praticabile o un bluff? L’uso di armi atomiche da una parte comporterebbe automaticamente una risposta atomica con la conseguente distruzione di tutto e tutti. Muoia Sansone con tutti i Filistei? Non credo. Non siamo di fronte ad un pazzo ma ad un dittatore che sa riconoscere il valore della forza. Solo quella sarà in grado di fermarlo.
La resistenza degli ucraini, giorno dopo giorno, armati con armi tecnologiche fornite dall’Occidente è un primo segnale ma non basta. Occorre una presa di posizione da parte dei paesi europei che dica chiaramente che la misura è colma.
Le sanzioni sono una risposta politica giusta, ma a lungo termine. Non certo capace di fermare, oggi, i bombardamenti su Kiev, Mariupol, Odessa. Le sanzioni metteranno, forse, in ginocchio l’economia russa, il popolo russo ma non manderanno in frantumi il sogno di Putin.
Ho fatto l’inviato di guerra per 12 anni. Dal Vietnam alla Cambogia, dall’Afghanistan ( invaso dall’Unione Sovietica) all’Iraq, da Beirut a Gibuti. Erano tempi in cui la guerra si vedeva ed eravamo in pochi a raccontarla. Oggi in Ucraina c’è una folla di inviati, di giovani e inesperti free lance in cerca di una foto, di un fatto, di un volto, in grado di fargli guadagnare la giornata. Ma la guerra non si vede. Sono rinchiusi nelle metropolitane, negli scantinati e ne escono al mattino per raccontarte di palazzi sventrati e strade semi deserte. Oggi la guerra la raccontano i satelliti, i droni, gli smartphone dei soldati in prima linea, le foto o i micro video sui social. Le televisioni sono piene di volti stanchi, dagli occhi infossati per il poco sonno che raccontano quel poco che resta. La guerra, quella vera, arriva con i bombardamenti, con i mortai, con gli elicotteri d’assalto armati di missili.
80 anni di pace in Europa hanno sopito le coscienze, hanno costruito l’erronea convinzione che le guerre fossero altro da noi. Si sono volutamente ignorati segnali forti come semafori per lasciare spazio ad una finanza sfrenata scambiata per democrazia e progresso. Si sono chiusi gli occhi e tappato il naso in cambio di gas, petrolio, beni di lusso da esportare in quello che doveva diventare un ricco mercato con 140 milioni di clienti; e mentre l’Europa si cullava nei suoi sogni di benessere infinito, altri paesi, altre nazioni mutavano forme e ruoli.
Oggi, vedendo quei palazzi sventrati e quelle donne e bambini in fuga sotto le bombe, quel popolo non addestrato che combatte disperatamente per la propria libertà e autonomia, ci aggiriamo come galline ubriache e starnazzanti da un vertice ad un talk show dove si discute per ore con un copione già scritto: un pacifista, un antiamericano d’antan, un realista e un esperto di russia. Ciascuno con qualche ragione, molte ipotesi, nessuna soluzione.