Pnrr, Piano nazionale di resilienza e ripresa e la questione rifiuti. Facciamo un salto indietro prima. Noi di Impakter Italia, il Piano lo stiamo studiando ed analizzando nelle sue diverse angolazioni e destinazioni, proponendo anche l’opinione di chi ne critica certi aspetti. Di chi ritiene che avrebbe dovuto essere più “ambizioso o coraggioso“. Resta il fatto che il Piano – che si articola in sei missioni e 16 componenti – è stato realizzato prendendo spunto dalla quantità di denaro che arriverà – 248 miliardi in totale – ed indirizzandoli a quei settori del Paese che ne hanno bisogno più di altri per immettersi definitivamente sulla strada dello sviluppo sostenibile: crescita dell’economia-sociale-ambiente.
Ma al di à delle valutazioni, legittime di ogni addetto ai lavori, sulla giusta quantità di risorse economiche messe a disposizione di ogni settore, quel che appare più importante e che è alla base del Pnrr, è che ci sia un progetto preciso e dettagliato su come spendere queste risorse perchè non siano il classico finanziamento a pioggia di cui una parte sparisce in rivoli non meglio precisati, ed una parte rimanga addirittura in cassa perchè non spesa. E sulla questione rifiuti la preoccupazione è proprio questa.
Uno studio dell’Agenzia di Protezione Ambientale (EPA) degli Stati Uniti stima che 10.000 tonnellate di materiali creano un posto di lavoro negli inceneritori, 6 posti di lavoro in discariche, 36 posti di lavoro in centri di riciclo e fino a 296 posti di lavoro nel settore del riuso. Saremmo capaci di fare lo stesso? Quale la situazione nel nostro Paese?

Gestione rifiuti nella Missione 2 del Pnrr
La Missione 2 del Piano “Rivoluzione verde e Transizione ecologica” è quella che tra tutte ha la maggior quantità di risorse a disposizione: 68,65 miliardi di euro. Ma come ha spiegato il Presidente del Consiglio Draghi, questi soldi devono essere investiti “In misure per migliorare la gestione dei rifiuti e per l’economia circolare, rafforza le infrastrutture per la raccolta differenziata, e ammoderna o sviluppa nuovi impianti di trattamento rifiuti”.
Il premier ha parlato di misure e non di finanziamenti partendo da un’osservazione:”“Insufficiente capacità di pianificazione delle regioni e debolezza della governance. Motivi per cui si registra l’assenza di una rete integrata di impianti di raccolta e trattamento dei rifiuti“.
Ecco perchè le risorse destinate alla Missione due sono state a loro volta così suddivise: 2,1 miliardi vengono destinati al capitolo economia circolare: 1,5 per migliorare la rete impiantistica per il trattamento e il recupero dei rifiuti, soprattutto al Sud, e 600 milioni per progetti “Faro su filiere strategiche come rifiuti elettrici, tessili e plastica”. Obiettivo? ” Rilanciare la corsa del Paese verso gli attuali e nuovi obiettivi previsti dalla normativa europea e nazionale: su tutti il raggiungimento del 65% di riciclo dei rifiuti urbani entro il 2035 e il contestuale taglio dei conferimenti in discarica a un massimo del 10%. Per centrarli occorrerà colmare i divari di gestione dei rifiuti relativi alla capacità impiantistica e agli standard qualitativi esistenti tra le diverse regioni”. Per tutto questo è anche necessaria una riforma della questione rifiuti, della gestione dei rifiuti solidi urbani in particolare.

I 3 principi per la riforma dell’ENEA
L’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha pubblicato uno studio su come dovrebbe articolarsi una seria riforma della questione rifiuti. Che di declina su tre principi fondamentali.
Il primo principio dovrebbe essere quello di attribuire i costi di gestione dei rifiuti ai soggetti che immettono sul mercato prodotti potenzialmente generatori di rifiuti.
Il secondo principio della riforma dovrebbe essere che il contributo ambientale da caricare sul prezzo dei prodotti immessi al consumo dovrebbe essere tale da coprire i costi per il recupero dei suddetti prodotti a fine vita (per brevità “i rifiuti”) in modo da consentirne il riuso, il riciclo o lo smaltimento (tramite termovalorizzatore o in discarica).
Il terzo principio della riforma prevede l’introduzione di meccanismi economici che incentivino la partecipazione attiva dei cittadini e delle comunità locali alla riduzione della produzione dei rifiuti da mandare in discarica o verso termovalorizzatori massimizzando la raccolta differenziata. In sostanza si passerebbe da una situazione nella quale i cittadini pagano per conferire i rifiuti ad una situazione nella quale i cittadini vengono pagati per fare la raccolta differenziata e per il corretto conferimento dei rifiuti.
Qui l’abstract dello studio dell’ENEA condotto da Tullio Fanelli, Marcello Clarich, Luigi De Paoli, Alessandro Ortis, Gianni Silvestrini, Federico Testa