Plastica: da diversi anni al centro di ogni attenzione di chi combatte per un pianeta più pulito. Noi di Impakter Italia non ci stancheremo mai di ripetere che non sono i materiali plastici in sè che creano problemi o che inquinano, ma il cattivo uso che se ne fa e soprattutto l’eccessiva produzione che si traduce per molti prodotti in masse di rifiuti che rendono questo materiale insopportabile. Da poco, come abbiamo riportato, non si può più vendere nell’Unione Europea la plastica monouso. Abbiamo cercato di capire se questa normativa porterà ad una tassazione diversa sui prodotti plastici.
In questo post ci occupiamo invece del fatto che la Commissione europea ha lanciato una consultazione aperta a tutti fino al 15 marzo per preparare “un quadro politico a livello Ue applicabile alle plastiche bio-based, biodegradabili e compostabili“.
“Le plastiche biodegradabili e compostabili possono apportare vantaggi rispetto alle plastiche tradizionali – ha detto il commissario per l’Ambiente Virginijus Sinkevičius – tuttavia, dobbiamo valutare a fondo se queste materie plastiche sono all’altezza delle loro promesse e in quali condizioni. Dobbiamo anche fornire chiarezza ai consumatori e alle imprese in modo che possano distinguere facilmente le differenze“.

Quali sono le differenze?
Le plastiche bio-based, citate nella dichiarazione del Commissario Sinkevičius sono quelle interamente o parzialmente ricavate da biomassa vegetale, quindi di origine biologica e non includono componenti di origine fossile (carbone o petrolio).
La plastica o comunque i materiali compostabili sono quelli che dopo essersi degradati, vengono trasformato in compost, una sostanza ricca di proprietà nutritive solitamente utilizzata come concime per arricchire il terreno. Secondo la normativa europea, affinché un prodotto possa avere la dicitura “compostabile” deve essere biodegradabile nell’arco di soli 3 mesi e deve superare i test di ecotossicità come prova che esso non possa esercitare alcun effetto negativo all’ambiente. Un classico esempio di compost sono gli scarti di potature, avanzi di frutta e verdura.
Con il termine “biodegradabile” si intende invece un materiale che può essere degradato da microrganismi (batteri o funghi) in acqua, gas naturali, come l’anidride carbonica e il metano, o in biomassa. Esistono materiali a base bio che sono biodegradabili (Pla o acido polilattico) ed altri che, pur essendo bio-based, non lo sono (Bio-pet, Ptt, Bio-pe). Allo stesso modo alcuni polimeri prodotti da fonti fossili, come il Pbs, un polimero semicristallino fabbricato tramite la fermentazione batterica, presentano la caratteristica della biodegradabilità.
La biodegradabilità dipende fortemente dalle condizioni ambientali (temperatura, presenza di microrganismi, presenza di ossigeno e acqua). Un altro concetto da chiarire è quello dei materiali considerati compostabili che si degradano, ma che per essere definiti tali devono rispondere alla norma (EN 13432). La velocità del processo di compostaggio dipende da alcuni parametri, quali temperatura, umidità, presenza di ossigeno, quantità e tipo di materiale compostabile.
Riassumendo: un rifiuto, per essere definito compostabile, deve essere inevitabilmente biodegradabile mentre, al contrario, un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché, ad esempio, potrebbe non disintegrarsi a sufficienza durante un ciclo di compostaggio. La principale differenza tra i due termini sta quindi essenzialmente nei tempi della degradazione. Inoltre ciò che è compostabile torna alla terra come sostanza nutritiva sotto forma di compost, mentre il biodegradabile torna alla natura sotto forma di sali minerali e altri elementi semplici.
Secondo dati forniti dalla Commissione le plastiche bio-based, biodegradabili e compostabili rappresentano attualmente l’1% del mercato globale ed europeo della plastica, con una crescita complessiva prevista del 5-8% tra il 2020 e il 2025