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Stragi in Myanmar: si rischia una guerra come in Siria

by Stefano Iannaccone
15 Aprile 2021
in 2030, Mondo, Politica, Primo Piano
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La situazione in Myanmar, dopo il colpo di Stato, peggiora giorno dopo giorno. E potrebbe definitivamente precipitare, arrivando a uno scenario simile alla Siria. Alle Nazioni Unite è scattato l’allarme dopo l’intensificazione della repressione, che ha provocato almeno 700 morti e migliaia di feriti, molti dei quali in maniera grave. L’ultima strage è stata denunciata nella città di Bago (in Italia nota come Pegù): 80 persone sono state uccise a causa dell’attacco dell’esercito che, stando alle notizie di report locali, ha usato granate e mortai contro i manifestanti.

La conta della tragedia si aggiorna quindi a cadenza quotidiana, ormai. Mentre l’accesso a Internet è sospeso e migliaia di cittadini del Myanmar sono costretti a scappare e rifugiarsi nel timore di rappresaglie. Tra loro personalità famose nel Paese, “colpevoli” di aver espresso pubblico dissenso nei confronti della giunta di Min Aung Hlaing.

Suor Ann Myanmar
Suor Ann in ginocchio per chiedere la fine delle violenze in Myanmar

Le gravi violazioni dei diritti umani

La richiesta di rispetto dei diritti umani è stata ancora una volta ignorata dalla giunta militare che governa l’ex Birmania (qui un articolo per capire come si è arrivati all’attuale crisi). “Le dichiarazioni di condanna e le sanzioni limitate non sono chiaramente sufficienti”, ha ammesso Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite (Ohchr) per i diritti umani. “Gli Stati con influenza sul Paese – ha aggiunto Bachelet – devono esercitare urgentemente pressioni concertate sui militari in Myanmar per fermare le gravi violazioni dei diritti umani e possibili crimini contro l’umanità”.

Parole che sembrano rivolte alla Cina affinché faccia sentire la propria voce, alla luce dei rapporti intrattenuti con i vertici di Naypyidaw (la capitale). Secondo l’Alto commissariato c’è la “necessità di interrompere la fornitura di armi e risorse finanziarie alla leadership militare”. La situazione è quindi molto preoccupante. Le forze di sicurezza hanno anche impedito al personale medico di aiutare i feriti. Non solo. Hanno addebitato ai parenti delle vittime una sanzione di circa 90 dollari per aver chiesto i corpi di chi è rimasto ucciso negli scontri. L’Ohchr ha riferito che “3.080 persone sono attualmente in detenzione 23 sono state condannate a morte a seguito di processi segreti”.

Scenario siriano in Myanmar

Bachelet teme che la repressione possa sfociare in una guerra civile: molti ufficiali dell’esercito stanno disertando e, secondo le intelligence internazionali, potrebbero organizzare una resistenza armata contro il regime. “Temo che la situazione in Myanmar stia andando verso un conflitto in piena regola. Gli Stati non devono permettere che gli errori mortali del passato in Siria e altrove si ripetano”, ha sottolineato la numero uno dell’Ohchr. In particolare negli Stati di Kachin, Shan e Karen gruppi militari di opposizione hanno risposto all’offensiva dell’esercito, che come risposta ha usato l’aviazione per bombardare le postazione dei nemici. Gli attacchi aerei hanno distrutto abitazioni di civili, alcuni dei quali sono stati uccisi.

Le conseguenze si stanno inevitabilmente registrando anche sull’economia del Paese: l’istruzione e le infrastrutture sanitarie del Myanmar sono sull’orlo del collasso, lasciando milioni di persone senza mezzi di sussistenza, servizi di base, e mettendo a repentaglio pure la sicurezza alimentare. Così, in previsione della fuga di migliaia di sfollati, che lasciano le proprie case con i pochi risparmi accumulati, l’Alto Commissario ha invitato gli Stati confinanti a fornire protezione temporanea alle persone in fuga dalla violenza. E perciò ha chiesto di evitare il rimpatrio di persone in fuga dal Myanmar, in conformità con il principio di non respingimento. Perché la crisi umanitaria rischia di tramutarsi in una catastrofe.

Tags: diritti umaniguerra civileMyanmarsiria
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