Macron crolla rovinosamente al secondo turno delle elezioni legislative francesi. Monsieur le Président, ad appena due mesi dalla rielezione, perde la maggioranza assoluta in parlamento. Ensamble, la coalizione a suo sostegno, si ferma a un numero di seggi che ad ora oscilla fra 210 e 230. Una cifra assai lontana dai 289 necessari per la maggioranza assoluta e lontanissima dai 341 conquistati nella tornata precedente.
Molto bene invece i due sfidanti delle ali estreme. Nupes, la coalizione di sinistra massimalista guidata da Jean-Luc Mélenchon, sembrerebbe ottenere ben 170-190 seggi. Mentre con un autentico balzo, l’ultra destra del Rassemblement National di Marine Le Pen pare avviata a decuplicare gli appena 8 seggi attuali, arrivando a conquistarne 80-95. Oltre a Macron, queste elezioni hanno un altro sconfitto: la destra neogollista dei Républicains, la formazione guidata da Christian Jacob, che per la prima volta otterrà meno seggi dell’estrema destra.
Il secondo turno delle legislative francesi è stato dunque una schiacciante rivincita delle due leadership estremiste di Mélenchon e Le Pen contro il moderato Macron. Ma al di là dei nomi dei leader o delle coalizioni, la realtà ci presenta un quadro agghiacciante: il populismo ha conquistato definitivamente la Francia, ed è a un passo da dominarla. La sconfitta di Marine Le Pen alle recenti presidenziali aveva fatto tirare un sospiro di sollievo ai sostenitori della liberaldemocrazia, dell’europeismo, dell’atlantismo: i cardini dell’Occidente. Eppure, quel misero 38,52% di voti reali, con cui Macron si è aggiudicato la permanenza all’Eliseo, era una chiara anticipazione di come i piedi d’argilla della sua leadership lo avrebbero fatto inciampare rovinosamente alla prima occasione, che era proprio dietro l’angolo. E così è stato.
Cosa comporta la sconfitta di Macron
Infatti, sebbene due mesi fa i sovranisti siano stati sconfitti, il sovranismo, più vivo che mai, sta rialzando la testa e rischia di dettare legge. E con esso lo statalismo più famelico, una visione ottocentesca dell’economia e del lavoro, il disprezzo verso il globalismo e la liberaldemocrazia, la guerra ideologica contro tutto quello che è espressione dei grandi organismi sovranazionali occidentali. E ancora, lo spaccio di soluzioni facilissime per problematiche complesse, la cultura del sospetto verso la scienza, una nuova invidia sociale verso competenza, merito e ricchezza. Infine, il classico dei classici: l’odio viscerale verso gli USA e la NATO. Una macedonia di bassi istinti politici e culturali che da destra a sinistra miete da sempre successi. In Francia come altrove, e non solo nelle ali estreme. E così, da Mélenchon a Le Pen, il fronte “rossobruno” marcia compatto e con successo contro i comuni nemici giurati.
Con tutte queste istanze dovrà vedersela un Macron fortemente indebolito. Gravi i rischi sia per la Francia sia per la UE, come ha sottolineato il primo ministro francese Elisabeth Borne, non appena l’esito della tornata elettorale ha iniziato a delinearsi: “è una situazione inedita, che rappresenta un rischio per il nostro Paese, viste le sfide che dobbiamo affrontare, sia sul piano nazionale che internazionale”.
Gli effetti in Francia e nella UE
In politica interna, questa sconfitta sancisce la fine del singolare progetto macroniano dell’autosufficienza, che tanta invidia e critiche pelose ha suscitato dalla politica di ogni colore, nazionale e non. Come porvi rimedio? Ossia, come reggere il governo? Se per i motivi sopraelencati un accordo con Le Pen è pura fantascienza, quasi per le stesse ragioni, una “coabitazione” con Nupes di Mélenchon appare non meno lunare. La via obbligata per salvare il governo e (almeno) il suo impianto europeista è una sola: un compromesso con la destra gollista di Valérie Pécresse (Républicains). Da questi ultimi è già arrivato uno stop deciso a tale ipotesi. Ma a poche ore dalla chiusura dei seggi, tale perentorietà potrebbe essere una strategia per temporeggiare ed alzare il prezzo.
La situazione appare ancora più grave se allarghiamo la visuale oltre i confini francesi. Nello scenario internazionale, un forte indebolimento della spinta riformista ed europeista della Francia significherebbe mettere a rischio la realizzazione di una serie di riforme delle istituzioni europee. Riforme di vitale importanza che definire urgenti è dire poco. Idem per quanto riguarda la guerra in Ucraina. In realtà, in tale contesto, Macron ha subito pesanti critiche a livello internazionale a causa della sua azione diplomatica, tanto sensazionale quanto inconcludente. La sua ossessiva attenzione a “non umiliare” Putin poi, è stata oggetto di veri e propri attacchi nonché di pesante scherno. La sua leadership ne è uscita ridimensionata. Ma una Francia a trazione populista, come nella malaugurata ipotesi di un Mélenchon primo ministro, spaccherebbe definitivamente il fronte occidentale, consegnando a Putin l’Ucraina e le chiavi d’Europa.