Litio alle porte di Roma, intorno e forse sotto il lago di Bracciano. La notizia ha 50 anni per gli ambienti scientifici, e qualcuno di meno per il grande pubblico. E’ stata rilanciata in questi ultimi giorni in modo molto deciso da alcuni media che hanno esaltato il fatto che proprio vicino alla Capitale d’Italia ci fosse un bacino di uno dei materiali più importanti per la vita quotidiana di ognuno di noi ma anche e soprattutto per la transizione ecologica, il litio appunto.
Le batterie (auto, smartphone, turbine eoliche solo per fare tre esempi) avranno un ruolo centrale in questo processo e per questo la corsa ai materiali per costruirle è sempre più dura. Si sa che – lo dicono esperti, osservatori tecnici ed addetti ai lavori – che la transizione avrà bisogno di una quantità altissima di litio al punto tale che l’Agenzia internazionale per l’energia ritiene in crescita di 40 volte la domanda – stima prudente- rispetto ad oggi ed il Financial Times ha lanciato l’allarme: non c’è abbastanza litio, la transizione è a rischio.
Il prezzo del materiale è quintuplicato rispetto all’estate del 2021. In più c’è da considerare anche il dominio cinese : Pechino controllerà più del 60% della produzione di batterie agli ioni di litio entro il 2026.

Quindi Litio sotto casa?
Magari fosse. No è la risposta sbagliata perchè il litio c’è lì dove l’azienda tedesca Volcan, a Cesano e l’australiana Altamin a Campignano e Galeria sempre nella zona del Lago di Bracciano, hanno ottenuto il permesso di scavare dalla Regione Lazio. C’è perchè Eni ed Enel negli anni ’70 stavano trivellavano in cerca di acqua ad alta pressione per generare elettricità. Queste perforazioni liberarono del vapore ricchissimo di litio: dai 350 ai 380 milligrammi per litro d’acqua, valori tra i più alti al mondo. Tuttavia il litio non aveva utilizzi industriali di particolare interesse in quel momento storico, e i circa 800 pozzi furono chiusi.
Oggi però sarebbero una manna dal cielo per il nostro paese visto che l’Europa arriva al massimo al 2 per cento di quel che servirà per gigafactory di batterie per l’auto elettrica.I paesi più avanti perchè hanno le riserve più grandi sono Bolivia, Argentina Cile, Stati Uniti, Australia, Cina. In Europa comanda il Portogallo.
Il problema è – e non c’è nessuna critica perchè ne sappiamo poco – è quanto litio c’è, come si intende procedere per estrarlo e a che costi ambientali ed economici. Insomma il gioco vale candela?
Impakter Italia ne ha parlato com Massimiliano Varriale, esperto di energia, collaboratore del WWF che qui avevamo sentito sulla questione delle rinnovabili e del gas. Il quale fa una premessa:”Detto che non sono un esperto addetto a litio certi principi si applicano in modo uguale. Nel caso del gas noi abbiamo dati certi: le riserve certe, quelle probabili e quelle possibili che sono sotto terra e per ognuna di queste diciamo categorie sappiamo cosa ci costa andare ad estrarle o anche solo provarci. Qui, nel caso del litio non sappiamo ancora nulla dunque sarebbe bene che venissero prodotti documenti o studi certi su cosa andiamo a prendere e come“.
Ecco questo è il nostro obiettivo: ben venga ogni novità scientifica che ci aiuti ad uscire da questa situazione disastrosa nella quale siamo e che ci immetta finalmente sulla strada della transizione ecologica. Ma esiste una valutazione di impatto ambientale? Come si procederà? Con impianti di geotermia? Magari ad alta entalpia come sul monte Amiata dove il mancato funzionamento degli abbattitori di mercurio, idrogeno e solforato ha provocato danni all’inquinamento dell’aria? Se i filtri non funzionano, o si decide per un’atra tecnica, si reiniettano questi fluidi nel suolo in luoghi diversi da dove sono usciti. In questo caso servirebbe una valutazione dei rischi sulla sismicità indotta ed innescata cioè prodotta dall’attività dell’uomo, un fenomeno molto più frequente di quanto l’opinione pubblica è al corrente.
Tutto qui; quando sapremo tutto questo anche noi saremo entusiasti e festeggeremo. Prima stiamo alla finestra.