Quando si parla di sostenibilità ambientale non si può trascurare il tema della alimentazione. L’alimentazione ha un costo, non solo per le tasche di chi deve sfamarsi: la produzione alimentare ha un costo impattante in termini ambientali. Agricoltura ed allevamento comportano la produzione di grandi quantità di gas serra e l’utilizzo di una buona parte delle risorse idriche disponibili. Per coltivare bisogna avere a disposizione del terreno e questo significa deforestare, con conseguente perdita di biodiversità. Non meno rilevanti i costi per il confezionamento, il trasporto e la vendita dei prodotti finiti.
Per la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e Agricoltura, una dieta che garantisca la massima sostenibilità ambientale deve presentare un ridotto impatto sull’ambiente e deve essere adeguata dal punto di vista nutrizionale, rimanendo nello stesso tempo economicamente sostenibile, facilmente accessibile e culturalmente accettabile. Vediamo come possiamo avvicinarci più facilmente ad una dieta di questo tipo perché una dieta sostenibile è possibile, senza stravolgere le proprie abitudini e senza dover abbracciare culture alimentari troppo distanti dalla propria. Alcuni principi di base? Consumare meno, sprecare meno e scegliere alimenti la cui produzione abbia un ridotto impatto ambientale.
Consumare meno, ridurre gli sprechi
Il primo passo da fare e semplicemente diminuire i consumi: riducendo il consumo di alimenti ricchi di calorie ma poveri di nutrienti, evitando il continuo ricorso a snack, prestando maggior attenzione alle porzioni che acquistiamo, cuciniamo e mangiamo. Oltre che al danno ambientale andremmo a ridurre anche l’incidenza di obesità e sovrappeso, principali fattori di rischio per una miriade di patologie. L’eccessivo consumo è accompagnato da un enorme spreco: si calcola che in Europa ogni anno finiscano tra i rifiuti oltre 88 milioni di tonnellate di cibo. Parte di questo se ne va durante produzione, trasporto e commercializzazione, ma almeno la metà è perso nelle nostre case. La quantità di anidride carbonica necessaria a produrre quanto gettiamo ogni anno è in terza posizione, dietro alle emissioni totali di Cina e Stati Uniti. La maggior parte dello spreco alimentare viene da cereali, tuberi e frutta, mentre il contributo maggiore alle emissioni di CO2 arriva da cereali e prodotti animali. Ci sono grandi margini di miglioramento possibili lungo tutta la filiera. Anche nelle nostre case, con un poco di attenzione e pianificazione, possiamo contribuire a fare la differenza. Ad esempio, comprando prodotti freschi non confezionati, con netto risparmio sui materiali e sui processi necessari all’imballaggio e alla vendita. Oppure riducendo l’elevatissimo consumo di acque minerali, abitudine tutta italiana, che comporta costi elevatissimi per trasporto, confezionamento e messa in vendita.
Aumentare il consumo di verdura e frutta
Frutta e verdura dovrebbero essere i pilastri di un’alimentazione sana e nella maggior parte dei casi la loro produzione e commercializzazione ha un impatto ambientale ridotto. Ci sono ovviamente delle eccezioni cioè quei prodotti legati a specifiche aree geografiche e commercializzati in luoghi lontani del mondo con grande spreco di risorse o di vegetali cresciuti in serra. Spesso la scelta migliore è quella di consumare alimenti cresciuti in zona, durante la stagione in cui sono disponibili. Che un prodotto sia a km zero, come si usa dire, non significa sia automaticamente più rispettoso dell’ambiente. In certi casi i prodotti locali richiedono tecniche di coltivazione e di conservazione che li rendono meno vantaggiosi di prodotti analoghi ottenuti in altre zone, nonostante i costi di trasporto.
Ridurre il consumo di prodotti di origine animale
Garantirsi ogni giorno un’adeguata dose di proteine è sempre stato difficile e rappresenta una delle sfide più dure per il futuro. In linea di massima la produzione di proteine di origine animale richiede più risorse rispetto a quelle necessarie per ottenere una analoga quantità di proteine di origine vegetale. Per ridurre l’impatto ambientale della dieta sarebbe opportuno ridurre il consumo di prodotti animali e aumentare quello di prodotti vegetali. Questo non significa diventare vegetariani o addirittura vegani ma semplicemente ridurre il consumo di carne sia in quantità, sia in frequenza, aumentando magari lo spazio dedicato al consumo di legumi dall’ottimo profilo nutrizionale come lenticchie e ceci, alternando e variando il più possibile il tipo di alimenti consumati.
Tra i prodotti di origine animale troviamo anche latte e latticini, ottima fonte di proteine e calcio. Anche in questo caso il consumo dovrebbe essere moderato, una o due porzioni al giorno, tra latte, prodotti fermentati come yogurt e kefir e formaggi, da consumare con frequenza minore.
Anche il consumo di pesce ha un rilevante impatto sull’ambiente e molte specie sono a rischio, con riserve eccessivamente sfruttate e in continua diminuzione. La situazione è critica per merluzzo, salmone, alcune specie di tonno, platessa, pesce spada. Consumare pesce è importante per la nostra salute, ma le nostre preferenze dovrebbero andare verso specie di piccole dimensioni, in grado di riprodursi rapidamente e attualmente poco sfruttate, come le alici, ad esempio, che alcuni ritengono la proteina perfetta. Anche i pesci hanno una stagionalità, che andrebbe seguita, facendo attenzione a scegliere esemplari al di sopra di certe dimensioni, per evitare di decimare la popolazione giovane che garantisce il costante ripristino delle riserve di pesca.
Sostenibilità ambientale e alimentazione: l’ottimizzazione dei processi
Migliorare la produttività è fondamentale per garantire rese migliori con il minimo impegno di terreno e risorse possibile. Per farlo dobbiamo ricorrere a quelle tecnologie che a tutti i livelli ci consentano di ottimizzare i processi, andando ad operare soprattutto nei paesi in via di sviluppo e in quelle aree in cui i cambiamenti climatici potrebbero portare ad un collasso delle produzioni esistenti. Nuove varietà, utilizzo mirato del suolo, lotta alle malattie con strumenti sempre più specifici: obiettivi prioritari se vogliamo produrre di più nel rispetto dell’ambiente. Anche la logistica e la distribuzione giocano un ruolo importante e potrebbero rendere possibile sia una diminuzione delle emissioni di CO2 legate ai trasporti, sia il contenimento degli sprechi dovuti al deterioramento dei cibi dopo il raccolto e lungo la filiera di distribuzione. La strada passa invece per l’innovazione e l’applicazione delle nuove tecnologie sul campo, ponendosi obiettivi precisi e ambiziosi, per garantire al contempo un miglioramento della qualità della vita alla intera popolazione mondiale e il massimo rispetto di questo meraviglioso pianeta che ci troviamo ad abitare.