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La disumanità al confine tra Bielorussia e Polonia

by Stefano Iannaccone
12 Novembre 2021
in migranti, Politica, Primo Piano
Migranti crisi polonia Bielorussia filo spinato

Foto di Hands off my tags! Michael Gaida da Pixabay

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Una vergogna, nell’anno 2021, alla porta di ingresso dell’Europa, al confine tra Polonia e Bielorussia. Una sottolinea linea tra il rispetto della minima dignità e la perpetrazione del bieco cinismo, per una partita geopolitica giocata sulla pelle di disperati in fuga da scenari di guerra, come la Siria, e Paesi tornati sotto il gioco di un sanguinario regime, come l’Afghanistan dei talebani. Uomini, donne e bambini lasciati al freddo, con muro di militari a evitare l’approdo nell’Unione europea e dall’altra parte uomini armati che li respingono dall’ipotesi di tornare da dove sono venuti. Vittime di una barbarie disumana.

La crisi al confine tra Polonia e Bielorussia apre un nuovo fronte delle tensioni geopolitiche. Ma soprattutto diventa l’esempio tragico dell’uso di migranti come “arma di minaccia”, in totale spregio al rispetto dei diritti umani. Prima di ogni disamina, è necessario ricordare che già decine di persone sono morte, senza assistenza, assiderate e prive di rifornimenti di cibo. Nel silenzio e nell’impossibilità di quantificare il bilancio di vittime. E in tutto questo, addirittura l’Ue, attraverso il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, paventa la costruzione di muri ai confini. Proprio quell’Europa nata sull’idea di apertura delle frontiere, della capacità di accoglienza. 

Confini Bielorussia
I confini della Bielorussia
Photo credit: Samotny Wędrowiec (Licenza Creative Commoso

Da maggio a oggi, le tappe della crisi

Per capire come si sia arrivati a questo punto, occorre tornare indietro, al maggio 2021. In quel mese il governo bielorusso, guidato dal dittatore Aleksandr Lukashenko, ha inaugurato nuove rotte aeree con l’Iraq. Sui voli sono arrivate migliaia di persone in fuga dall’Iraq, ma anche da Siria e Afghanistan. Lo scopo era di raggiungere l’Europa, varcando appunto il confine tra Bielorussia e Polonia. Minsk, secondo quanto riporta la stampa internazionale, ha addirittura promosso i voli con apposite campagne social e di pubblicità. Un’apertura umanitaria? Macché. L’intento era al contrario quello di impiegare i migranti come strumento di “minaccia” nei confronti dell’Unione europea, visto che Bruxelles contestava a Lukashenko il mancato rispetto dei diritti umani. Predisponendo l’imposizione di sanzioni.

Come risposta, i Paesi limitrofi hanno iniziato a blindare le frontiere, piazzando del filo spinato, fin dal mese di luglio, e dei militari a presidiare i territori in cui avrebbero potuto penetrare i migranti. L’esecutivo di Varsavia ha denunciato “l’uso dei migranti da parte del regime di Lukashenko come tattica ibrida”, un comportamento definito “disumano, illegale e inaccettabile”. E intanto, in mezzo a questa crisi geopolitica, quelle persone sono ora ammassate di fronte a questi muri e costretti a vivere in strutture di fortune, mentre è arrivato il freddo. Non sono riuscite nemmeno a tornare indietro, perché i bielorussi non lo hanno consentito. Vivono in una trappola al gelo, stretti tra due fuochi.

Una guerra sui migranti

La questione è sicuramente più ampia rispetto alle tensioni tra Polonia e Bielorussia (con Lettonia, Lituania e Ucraina, spettatori interessati, visto che confinano anche loro con il territorio bielorusso). Al centro c’è la disputa tra l’Occidente e la Russia di Vladimir Putin, grande sponsor del regime di Lukashaenko, che resta (come è bene ricordare) l’ultimo vero dittatore sul suolo europeo.

Mosca è consapevole che la “sfida sui migranti” può portare a un’escalation di tensione. L’Ue ha annunciato nuove sanzioni, consentendo ai russi di inserirsi nell’instabilità e di rafforzare il ruolo nella regione. In particolare, secondo alcuni analisti, Putin punterebbe a introdurre milizie paramilitari in Ucraina per acquisire un ulteriore controllo “informale” nel Paese che, nelle mire del Cremlino, deve diventare sempre più satellite. Tipo la Bielorussia. E in questo si innesta, come se non bastasse, la battaglia del gas (dalla Bielorussia ne transita una quantità notevole) in piena emergenza energetica nell’Occidente.

L’appello all’umanità

Filo spinato migranti
Foto di Thomas Meier da Pixabay

In questo clima da Guerra Fredda degli anni Duemila, si fanno sentire le voci di chi invoca un ripristino minimo dei diritti umani. A nulla è valso l’appello delle Nazioni Unite. “Esorto gli Stati coinvolti a prendere provvedimenti immediati per ridurre e risolvere questa situazione intollerabile, in linea con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani e del diritto dei rifugiati”. Queste le parole di Michelle Bachelet, Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, che invitato i governi “a proteggere la vita e la dignità di coloro che sono bloccati al confine comune”.

“Ciò che sta accadendo al confine con la Bielorussia è contro il diritto e i valori dell’Ue”, ha dichiarato Anita Bay, direttrice di Save the Children Europe. “I bambini bloccati vicino al confine con Polonia, Lituania e Lettonia dalla fine di agosto – ha aggiunto Bay – stanno affrontando il freddo, l’esaurimento delle proprie forze e la fame.  Mentre la loro salute mentale e fisica si è deteriorata a causa dei pericolosi viaggi e della difficile situazione che stanno affrontando”.

La numero uno di Save The Children in Europa ha denunciato: “Abbiamo visto filmati di intere famiglie respinte in Bielorussia e la loro richiesta di protezione internazionale e aiuto immediato ignorata. È inaccettabile che la vita dei bambini e delle loro famiglie venga utilizzata come merce di scambio in un conflitto regionale. Ignorare i loro diritti e i pericoli che affrontano non è una soluzione. Invece, porta alla violenza, all’abuso e alla morte”.

Tags: Bielorussiadiritti umanimigrantisviluppo sostenibile
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