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Dai campi si alzano nubi di fumo tossico

by Stefano Iannaccone
23 Agosto 2021
in 2030, Agricoltura, Ambiente, Primo Piano
Campi agricoli black carbon

Foto di Bartek Zakrzewski da Pixabay

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Un flagello per l’ambiente, una tradizione che inaugura la “stagione dello smog” con una spinta al riscaldamento globale, nemico numero uno del pianeta. E il paradosso è che tutto è causato dall’agricoltura, spesso indicata come un elemento di tutela dell’ambiente. Un fatto vero se rispetta i criteri di sostenibilità (come viene raccontato in questo articolo). L’antica pratica degli agricoltori di bruciare i campi, per fare velocemente spazio alle nuove colture, è uno dei problemi che caratterizza la stagione autunnale. Senza dimenticare che l’obiettivo, dal punto di vista pratico, non viene centrato: i terreni hanno poi dei problemi in termini di fertilità. 

Il risultato è quello di un impatto pesante: il fumo innescato dalla combustione è fortemente inquinante per la produzione del black carbon. Per questo motivo l’United nations environment programme (Unep) ha lanciato una campagna di informazione e di mobilitazione per raccontare i danni provocati dal black carbon diffuso nell’aria. L’esatto contrario delle politiche per lo sviluppo sostenibile. “Serve istruzione, sensibilizzazione e sviluppo di capacità per gli agricoltori. È un’impresa ambiziosa, ma gli impatti sarebbero notevoli e di vasta portata”, sottolinea Pam Pearson, direttrice dell’International Cryosphere Climate Initiative.

Cos’è il black carbon

“Molti agricoltori considerano la combustione agricola il modo più efficace ed economico per liberare la terra, fertilizzare il suolo e prepararlo per nuove piantagioni. Tuttavia, questi incendi e gli incendi che si sono propagati da essi sono la più grande fonte mondiale di black carbon, una minaccia sia per la salute umana che per quella ambientale”, mette in evidenza ancora l’Unep.

Il black carbon è un componente delle polveri sottili PM2,5. Si tratta di un agente inquinante microscopico che penetra in profondità nei polmoni e nel flusso sanguigno. Il PM2,5, infatti, aumenta il rischio di morte per malattie cardiache e polmonari, ictus e alcuni tipi di cancro. Sono perciò una delle concause della morte prematura di milioni di persone ogni anno. L’impatto si avverte anche sui bambini: queste polveri sottili provocano anche problemi psicologici e comportamentali. Invece nelle persone anziane è associato all’Alzheimer, al morbo di Parkinson e alla demenza.Dal punto di vista scientifico, il black carbon è un inquinante climatico di breve durata: esista solo per pochi giorni o settimane, ma il suo impatto sul riscaldamento globale è 460-1.500 volte più forte dell’anidride carbonica.

Scarsa efficacia della pratica

La pratica di bruciare i campi è poi un autogol, anche rispetto alle intenzioni degli agricoltori. “Le terre bruciate in realtà hanno una fertilità inferiore e tassi di erosione più elevati, che richiedono agli agricoltori la compensazione con l’eccessivo utilizzo di fertilizzanti”, Pam Pearson. Un’altra soluzione è percorribile: “Le alternative senza bruciature, come l’incorporazione di stoppie nei campi o anche la semina attraverso le stoppie, fanno quasi sempre risparmiare denaro all’agricoltore”.

Aggiunge Helena Molin Valdés, capo del Segretariato della Coalizione per il clima e l’aria pulita: “Migliorare la qualità dell’aria che respiriamo è assolutamente necessario per la nostra salute e il nostro benessere”. Quindi, “è fondamentale per la sicurezza alimentare, l’azione per il clima, la produzione e il consumo responsabili e fondamentale per l’uguaglianza. In effetti, non possiamo parlare dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile se non prendiamo sul serio la qualità dell’aria”.

Tags: agricolturaambienteemergenza climaticasviluppo sostenibile
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