Il biologo di comunità. Ovvero? Un professionista, una nuova figura professionale, in grado di svolgere ruoli innovativi nella pubblica amministrazione lavorando sui programmi di protezione, manutenzione e gestione del territorio; tutela e valorizzazione ambientale; igiene e profilassi pubblica; protezione della flora e della fauna; controllo degli scarichi delle acque, delle emissioni atmosferiche e sonore, fino alla gestione del ciclo dei rifiuti. Tutte azioni il cui obiettivo è quello di trasformare in atti amministrativi le tante richieste dei cittadini in tema di qualità ambientale, oltre ad ottemperare agli obblighi normativi vigenti in materia e favorire la transizione ecologica attraverso un supporto operativo alle misure del PNRR.
Il “biologo di comunità” e le sue attività saranno presentate ufficialmente oggi venerdì 4 febbraio (dalle 15.30 alle 18.30), a Roma, nell’aula Zuccari del Senato della Repubblica dove il presidente dell’Onb D’Anna, accompagnato dai rappresentanti del Coordinamento nazionale dei biologi ambientali (Cnba) e dai vertici dell’associazione l’Altritalia Ambiente, incontrerà i sindaci delle principali città metropolitane, nonché i membri dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci).
In un contesto amministrativo locale, oltre ad incidere sulle attività di gestione ordinaria, il supporto tecnico-professionale fornito dal Biologo di Comunità potrebbe anche aiutare ad introdurre innovazione e visioni di politica amministrativa in linea con le strategie europee di sviluppo sostenibile.
“E’ importante che gli enti locali investano sui biologi di comunità il cui impiego nella Pa non solo consentirebbe l’adozione di più efficaci strumenti di protezione e valorizzazione della biodiversità, ma agevolerebbe anche l’accesso alle risorse economiche messe a disposizione dall’Ue e dai governi in tema di sviluppo sostenibile” dice Vincenzo D’Anna, presidente dell’Ordine nazionale biologi.

La presenza del Biologo di Comunità all’interno di un’amministrazione comunale permetterebbe una più facile adozione di efficaci strumenti di protezione e valorizzazione della Biodiversità, in coerenza con la “Strategia ‘Ue sulla Biodiversità per il 2030: “riportare la natura nella nostra vita“. Allo stesso tempo, il Biologo di Comunità faciliterebbe l’accesso alle risorse economiche messe a disposizione da Bruxelles e dai governi nazionali e regionali in tema di “Biodiversità, Servizi Ecosistemici e Sviluppo sostenibile”. Rientrerebbero in tale contesto sia le attività di pianificazione e progettazione che quelle di gestione e controllo. Il ventaglio di attività spazierebbe, dunque, dall’introduzione di strategie sostenibili di progettazione, come le NBS, Nature Based Solutions.
Si tratta di azioni ispirate, supportate o letteralmente copiate dalla natura: aumento, miglioramento e valorizzazione di aree verdi, al fine di generare una serie di benefici e servizi ecosistemici quali, per esempio, miglioramento della qualità dell’aria (intercettando polveri ed altri inquinanti atmosferici), regolazione del microclima urbano, contenimento dell’isola di calore in città, regolazione dei flussi idrici meteorici, fornitura di opportunità di svago/ricreazione, miglioramento della qualità della vita, conservazione della biodiversità, assorbimento di gas climalteranti e molto altro ancora.
Nell’attività del biologo di comunità ci sono anche i servizi ecosistemici e ambientali, – quella serie di servizi che i sistemi naturali generano a favore dell’uomo: secondo la definizione proposta dal MEA – Millennium Ecosystem Assessment, i servizi ecosistemici sono i “molteplici benefici forniti dagli ecosistemi al genere umano” – per arrivare alla riforestazione urbana, al biomonitoraggio della qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo, della gestione integrata delle aree e delle risorse marine e costiere (marine spatial planning). Senza tralasciare un’azione che vede già molto impegnati i biologi, ossia il settore delle valutazioni e certificazioni ambientali