Flop clamoroso del referendum sulla giustizia. Vota solo il 20,83% degli aventi diritto. Il SI prevale su tutti e 5 i quesiti, ma senza quorum. Voto nullo quindi. Rovinosa sconfitta per i promotori, Lega e Radicali, ma anche di Renzi e Calenda che hanno supportato in toto la campagna per il SI. Il leader di Italia Viva in particolare ne ha fatto anche una battaglia personale, con l’uscita e la promozione del libro a tema intitolato Il Mostro.
Il flop dei referendum. Ormai un classico
L’istituto del referendum ha inciso positivamente nella vita degli italiani come pochissime altre cose della politica. Pensiamo solo al divorzio o all’aborto. Quando la politica si è dimostrata gravemente in ritardo rispetto alla società, il referendum ha corretto la rotta, facendo fare passi in avanti al Paese. Negli ultimi trent’anni invece questo strumento per sua natura straordinario è diventato una sorta di supplente ordinario dell’incapacità decisionale della politica. Quando la lotta in parlamento va male, si iniziano a raccogliere firme fuori dal palazzo, invece di rimodulare una strategia politica più efficace. Questo continuo ricorso “al popolo” ha di fatto inflazionato il valore dell’istituto referendario, riducendolo a strumento da brandire a favore di telecamera per populisti e sensazionalisti di ogni sorta. E così, la disaffezione della popolazione per la politica in generale ha inesorabilmente travolto anche il referendum. E così è stato un crescendo di diserzione delle urne, che ha portato a raggiungere il quorum solo una volta negli ultimi 25 anni. Oggi, sono stati proposti quesiti che, al di là del merito, costituiscono per materia per specialisti. E lo si è fatto in un momento dove la celebrazione dell’istante e la denigrazione dell’approfondimento raggiungono il massimo livello. La politica scarica sull’elettorato i frutti avvelenati della propria inettitudine. E la gente va al mare, o resta a casa. E il referendum fa flop.
Le comunali squotono le coalizioni. Flop anche del campo largo
Ma se PD e M5S possono dirsi soddisfatti dell’esito referendario, non possono esserlo altrettanto di quello delle concomitanti elezioni comunali, dove sostanzialmente si prospetta un fallimento il modello del “campo largo”, strenuamente difeso dal segretario Enrico Letta. Il M5S in queste elezioni o non ha presentato proprie liste oppure, dove le ha presentate, ha quasi sempre conseguito risultati disastrosi.
Mentre l’altro possibile alleato dei dem, il riottoso leader di Azione Carlo Calenda, ha conseguito risultati lodevoli in diversi importanti comuni. Da qui il dilemma: difendere anche davanti all’evidenza l’alleanza coi 5S o guardare a Calenda? Quesito non semplice, visto che Calenda, almeno fino ad oggi, ha sempre affermato di non essere disponibile ad alleanze coi grillini. Sul versante centrista una posizione assai diversa è quella di Italia Viva. Alleato in maniera caotica un po’ con coalizioni di centro destra un po’ con altre di centro sinistra, il partito di Renzi non sembra aver trovato una collocazione fissa. Italia Viva ha finora navigato a vista, seguendo accordi dell’ultimo momento. Una strategia confusionaria che, al momento, lo spoglio delle schede racconta come destinata a un sonoro insuccesso elettorale. L’ennesimo.
Centrodestra bene ma non benissimo
Il centro destra invece può sorridere, ma con estrema moderazione. La coalizione è infatti avanti in molti comuni nei quali si presenta unita. Strappa una vittoria al primo turno sia a Palermo che a Genova. Ma resta assai divisa al suo interno e sclerotizzata su di una formula politica obsoleta. Non aiuta a rasserenare gli animi la sconfitta schiacciante di Salvini al referendum e i suoi guai politici in salsa russa, unitamente al fatto che FdI di Giorgia Meloni sta rosicchiando consensi sempre più numerosi alla Lega, anche al nord.
In generale, il quadro politico risulta alquanto caotico. L’effettivo vantaggio del centrodestra, registrato in quest’ultima tornata elettorale, non garantisce affatto una prossima vittoria alle elezioni politiche del 2023. Il “campo largo”, posto che arrivi ancora intero al 2023, parte già in affanno, e con percentuali che invece fanno prospettare una sconfitta. In tutto questo, il centro riesce a pesare grazie alla performance di Azione ma ancora non esiste come soggetto politico. E sinceramente non se ne vede la nascita a breve. Una tempesta perfetta per una nuova ingovernabilità alle prossime politiche. Se non si avranno sconvolgimenti politici, un nuovo governo di emergenza con un Draghi bis o simili diventa col tempo un’ipotesi sempre più probabile. E pensandoci bene…quasi quasi…