Almeno 34 milioni di persone stanno precipitando a un livello di emergenza grave per l’alimentazione: a un passo dalla fame. Quella vera. Con situazioni particolarmente gravi concentrate in Yemen, Sud Sudan e Nigeria settentrionale. La fame nel mondo continua a essere una piaga dei nostri tempi, acuita dalla pandemia di Covid-19. Ma il Coronavirus è solo un fattore negativo aggiuntivo rispetto a quelli già preesistenti, su tutti guerre ed emergenza climatica. Il rapporto Hunger Hotspots, pubblicato dalla Food and Agriculture Organization (Fao) e dal World Food Programme (Wfo), rilancia l’allarme su una situazione che sta peggiorando.
“Guardando al periodo di previsione di marzo-luglio 2021, ci sono 20 Paesi in cui vi è una probabilità di ulteriore crescita dell’insicurezza alimentare acuta, a causa di molteplici fattori che sono interconnessi o si rafforzano a vicenda”, rileva la ricerca. I problemi sono, quindi, di varia natura: la dinamica delle guerre, gli shock economici, l’impatto del Covid-19, le condizioni meteorologiche estreme e la diffusione di parassiti vegetali e animali.
Quali sono i Paesi più in difficoltà

Dall’Asia all’Africa, c’è un lungo elenco di Paesi che si trovano in una situazione complicata. La lista include Afghanistan, Burkina Faso, Repubblica Centroafricana, Repubblica Africana, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Haiti, Honduras, Nigeria, Sudan, Sud Sudan, Siria Yemen e Zimbabwe. Tanto per rendere l’idea, nel Congo ci sono 4 milioni e 880mila persone in “fase 4”, la penultima, sulla scala di gravità. Ma nella fase 3, quella già considerata pericolosa, ci sono poco meno i 15 milioni di persone. Basta poco per precipitare.
Il problema, peraltro, non è relativo solo a un continente. Il rapporto riferisce che la “maggior parte dei paesi colpiti si trova in Africa”, ma la fame nel mondo “è destinata a salire rapidamente nella maggior parte delle regioni”. E la dinamica è ampiamente in atto: oltre 5 milioni di yemeniti sono in “fase 4”, che significa addirittura difficoltà di accesso agli aiuti umanitari. L’Afghanistan ha 5 milioni e mezzo di cittadini a questo livello di povertà. In entrambi i casi sono oltre 11 milioni le persone che vivono nella “fase 3”. L’allarme dell’Hunger Hotspots riguarda, peraltro, anche Paesi centroamericani, come Honduras, El Salvador, Guatemala e Nicaragua.

Fame nel mondo: l’allarme delle istituzioni
“L’entità della sofferenza è allarmante. Spetta a tutti noi agire ora e agire rapidamente per salvare vite, salvaguardare i mezzi di sussistenza e prevenire la situazione peggiore ”, ha affermato il direttore renerale della Fao Qu Dongyu. “In molte regioni – ha aggiunto il numero uno dell’Agenzia Onu – la stagione della semina è appena iniziata o sta per iniziare. Dobbiamo correre contro il tempo e non lasciare che questa opportunità di proteggere, stabilizzare e anche possibilmente aumentare la produzione alimentare locale, scivoli via”.
34 MILLION people in the world are one step away from starvation.
WFP and @FAO are issuing an early warning for urgent humanitarian action in 20 countries to stop rising hunger and risk of famine: https://t.co/FY4smu3rAw #HungerHotspots pic.twitter.com/6qBQ7MgGCX
— World Food Programme (@WFP) March 23, 2021
Parole preoccupate sono arrivate anche dal direttore esecutivo del World food programme, Davide Beasley: “Stiamo assistendo a una catastrofe accadere davanti ai nostri occhi. La carestia, guidata dal conflitto e alimentata dagli shock climatici e dalla pandemia di fame Covid-19, sta bussando alla porta di milioni di famiglie ”. Cosa fare quindi? Beasley individua tre punti ineludibili: “I combattimenti devono finire, dobbiamo avere accesso alle comunità vulnerabili per fornire aiuti salvavita e, soprattutto, abbiamo bisogno che i fondi aumentino di i 5,5 miliardi di dollari. I finanziamenti, in particolare, sono concentrati sulla riorganizzazione della produzione locale, per svincolare le comunità dagli aiuti delle autorità internazionale. Ma il progetto contro la fame nel mondo deve fare i conti con una realtà complicata.