Giovane, femminile e sostenibile. La mappa della produzione vinicola prende questa triplice direzione. La crescita della domanda e dell’offerta rappresenta un segnale che fa ben sperare, per la definitiva ripresa, ripensando anche ai modelli dell’enoturismo. E lascia presupporre un nuovo ritorno di flussi turistici pre-pandemia.
Fino al 2019 si contavano 14 milioni le visite, pari a 2,5 miliardi di euro il giro d’affari. In previsione futura, gli operatori di settore e le amministrazioni stimato un ritorno su questi numeri tra il 2022 e il 2023. Dal convegno delle Donne del Vino, organizzato con Città del Vino e Puglia in Più, arrivano dunque le nuove istruzioni che mettono insieme il binomio ‘vino’ e ‘turismo.
Le parole da abbinare al vino

Intanto, dal convegno organizzato, all’interno del Vinitaly, è stata posta l’attenzione alle parole chiave per il rilancio del settore turistico: diversificazione e qualità dei servizi. Un’eco che deve necessariamente risuonare, soprattutto, nelle aree centrali e del Sud d’Italia, aggiungendo alla strategia precedente la creatività, per competere alla lotta di un turismo ricco e internazionale del nord ovest. In termini economici, i dati parlano chiaro, soprattutto per le piccole e medie imprese: l’enoturismo deve ritornare per mettere un punto fermo, che va tra il 14 e il 12 per cento del fatturato totale. Ma gli esperti parlano chiaro: è necessario un rilancio per il riposizionamento.
Dunque, nuovi valori e varie stili. Ma non solo. C’è anche un ambito di comunicazione, sui social network, relativo al modelli di turismo esperienziale sul territorio. Una, per la frontiera dell’enoturismo, chiede di unire alla parola ‘vino’ ad altre. Esempi? Associarla a risorse del territorio (79 per cento), digitalizzazione (77 per cento), open space (73 per cento). Si chiede ancora un’esperienza di breve durata (71 per cento), e di prossimità per il (67 per cento). Seguono, poi, internazionale (66 per cento), aperto alle generazioni (59 per cento) e per il pubblico femminile (57 per cento).
Chi pratica l’enoturismo

Il profilo dell’enoturista è quello dell’under 35, con un livello di istruzione alto, e un buon reddito. E soprattutto di grande richiamo per le donne. Toscana, Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia le regioni più assaltate, e per il Sud, Sicilia e Puglia. E per questo, il pernottamento, seppure di breve durata, viene richiesto in affiancamento alle attività esperienziali (degustazione di prodotti tipici, trekking, escursioni ai centri d’arte nei dintorni, corsi di cucina e benessere). Intanto a Nord Ovest gli enoturisti hanno un profilo di benessere economico e sono indubbiamente stranieri, a al Sud le esperienze sono un must. L’enoturista straniero che mette piede in Italia, tra le nazionalità che più prediligono, svetta la Germania, seguita da Svizzera, Paesi Bassi, Belgio e Austria e vede una crisi del turismo statunitense in Toscana.
Intanto Città del Vino, non ha dubbi sui punti di forza in termini di governance. In elenco, varietà di vitigni e vini (97 per cento), i paesaggi e la bellezza dei territori (96 per cento), la varietà e la qualità gastronomica (95 per cento) e i contesti storico-artistici (90 per cento). Sono da migliorare, tuttavia, la formazione del personale enoturistico in ambito informatico (92 per cento), l’organizzazione dei servizi turistici (85 per cento) per la capacità di accogliere gli enoturisti stranieri (77 per cento).
Ma i sindaci delle Città del Vino arrivano altri indicatori per la risalita dell’enoturismo di quest’anno ovvero gestione della sostenibilità ambientale, economica e sociale, la tutela del paesaggio rurale, l’accessibilità dei territori, la connettività a banda larga e pianificazione territoriale e urbanistica.