I detersivi chimici che utilizziamo nelle nostre case, o nelle aziende per scopi industriali, sono tra i peggiori nemici dell’ambiente. In molti lo sappiamo, perché ormai se ne parla da decenni, ma sono davvero poche le persone informate sull’argomento. Perché sono così dannosi? Domanda semplice all’apparenza, ma la risposta non è alla portata di tutti. In pratica, lo sono in quanto contengono tensioattivi che derivano principalmente dal petrolio, dunque i residui sono altamente dannosi per la flora e la fauna acquatica. Degradare questi prodotti sintetici si può, grazie agli impianti di trattamento delle acque reflue che utilizzano microrganismi in grado di farlo. Una ricerca condotta dall’Istituto tedesco Fresenius SGS di Taunusstein, che fornisce risultati indipendenti per le esigenze dell’industria di vari settori, ha riprodotto il processo in laboratorio analizzando per quattro settimane tredici detergenti in commercio, con il risultato che più del 60% di questi è stato completamente degradato. Ma basta attenersi a questo processo ed è tutto risolto? Purtroppo, la risposta è no.
Qualcosa si muove in Europa
Le norme specifiche alle quali i detersivi devono attenersi per poter essere commercializzati nell’Unione Europea, sono stabilite da un apposito regolamento che, nel 2019, è stato sottoposto ad una valutazione da parte della Commissione Europea. Da un estratto del rapporto si legge che “sono state individuate alcune debolezze e aspetti che possono essere ulteriormente migliorati sia all’interno del regolamento stesso che nel quadro normativo generale che si applica ai detergenti. Ciò include alcuni nuovi sviluppi e tendenze di marketing nel mercato unico di cui il regolamento non tiene conto (ad es. prodotti per la pulizia microbica, vendita di ricariche di detersivi); sovrapposizioni nelle prescrizioni in materia di informazione per i detersivi, come duplicazioni nelle prescrizioni in materia di etichettatura; e la presenza di alcuni ingredienti potenzialmente dannosi nei detersivi, come il fosforo nei detersivi professionali”. Partendo da questa considerazione, in questi giorni l’UE ha lanciato un questionario (c’è tempo sino al 22 maggio per compilarlo e comporta al massimo dieci minuti di tempo) accessibile a tutti, cittadini, organizzazione, aziende, per raccogliere opinioni utili per revisionare la normativa, semplificare la regolamentazione e incentivare l’utilizzo tra i consumatori di prodotti innovativi e sostenibili.

I temi del questionario
Cosa ci viene chiesto nel form dell’Unione Europea? Dopo aver inserito i nostri dati generici, ci viene chiesta la frequenza di utilizzo dei detersivi e la nostra conoscenza sul regolamento, soprattutto per ciò che concerne le indicazioni obbligatorie riportate sulle etichette, che indicano le quantità ideali del dosaggio per prevenire un utilizzo sconsiderato.
Ecco, quanti di noi le hanno mai lette? Difficilmente lo facciamo per i cibi, sia per gli ingredienti che per la scadenza, figuriamoci per i detersivi. Eppure, basterebbe meno di un minuto per leggerle e seguendole si contribuirebbe ad inquinare un po’ meno. Poi ci si sofferma sui detersivi “sciolti”, ossia sulla pratica recente di ricaricarli portando con sé un contenitore. In molti hanno iniziato a seguirla, anche per i costi ridotti, ma c’è un problema di informazione al riguardo, perché quando li acquistiamo non abbiamo possibilità di leggere l’etichetta obbligatoria. Infine, sintetizzando, il questionario indica le diverse definizioni di detersivo presenti nel regolamento, di cui alcune davvero ambigue, chiedendo ai partecipanti al sondaggio se sia il caso di cambiare sia la normativa sui detersivi “sciolti” sia sulla definizione dei detergenti, in modo tale da essere meglio informati sul prodotto che stiamo utilizzando.