L’Europa è al “liberi tutti” sul Covid, con il progetto di rimuovere ulteriormente le restrizioni. Addirittura si valuta di eliminare l’obbligo di mascherina nei luoghi chiusi. Ma in Cina l’incubo del virus non è cessato. Anzi. I risvolti sono diventati anche sociali: il governo ha proseguito con la strategia di imporre il lockdown anche di fronte a piccoli focolai, ma i cittadini di Shangai non ne possono più. E iniziano a manifestare i loro malumori. In alcuni video ci sono persone affacciate alla finestra che urlano di rabbia e disperazione per la chiusura forzata nei loro appartamenti. Impossibilitati addirittura a reperire cibo, farmaci e qualsiasi altro bene di prima necessità.
Cosa accade a Shangai con il Covid

Ma cosa sta succedendo in Cina e, soprattutto, nella metropoli di Shangai in cui vivono circa 26 milioni di abitanti? Nella giornata di venerdì la città ha registrato oltre 20mila casi di Covid, una cifra enorme nella logica cinese dello “zero contagi”. Così la decisione di tenere tutto chiuso è stata prolungata, a tempo indeterminato, visto che le prime misure non hanno prodotto gli effetti sperati. I funzionari avevano però promesso che il lockdown sarebbe terminato il 5 aprile, quasi dieci giorni fa.
Dunque, in tanti non avevano fatto rifornimenti di alimenti e di tutti i beni necessari per stare in casa quantomeno per garantirsi la sussistenza. Anche Perché lo stop a ogni tipo di attività è molto più rigido rispetto a quello che abbiamo conosciuto in Italia nella primavera del 2020. I droni vigilano che nessuno si muova in strada, se non il personale medico autorizzato. “Se sei povero, hai disabilità o sei anziano, spesso puoi essere escluso dalla distribuzione di risorse. Le conseguenze possono essere terribili”, ha riferito Maya Wang, ricercatrice di Human Rights Watch, rendendo il quadro della situazione.
La strategia della Cina

Del resto la Cina ha seguito sempre una rotta diversa rispetto all’Occidente: più che puntare su una campagna vaccinale di massa, vista anche la limitata efficacia dei preparati cinesi (basti pensare al Sinovac), le autorità hanno sempre puntato a stroncare sul nascere i focolai di infezione attuando rigidi lockdown. Per i primi due anni, così, Pechino sembrava aver debellato il virus, nato proprio in Cina, salvo ora fare i conti con un ritorno dei contagi. E del resto nella vicina Hong Kong, appena poche settimane fa, il coronavirus ha provocato centinaia di vittime, mandando al collasso il sistema ospedaliero e rendendo impossibile accogliere le salme nelle vittime negli obitori.
La questione rischia di diventare politica. “Nessuno avrebbe pensato che nel 2022 ci sarebbe stata una carenza di cibo su larga scala a Shanghai”, ha scritto un utente su Weibo, il social network più noto Con il rumore delle prime proteste nei confronti del governo cinese, proprio nell’anno in cui si celebrerà il ventesimo congresso nazionale del partito a novembre, in cui Xi Jingping cercherà di ottenere un nuovo mandato quinquennale rafforzando il ruolo nel Paese e quindi acquisendo maggior peso sul piano internazionale.