Con la pochette da lordino e i toni da Di Battista, così Giuseppe Conte continua a tirare dritto sulla guerra in Ucraina. La linea del “basta armi” parla sempre più alla pancia del Paese, quella affascinata dalla neo-star mediatica Alessandro Orsini. Anche al costo di destabilizzare il governo, nel pieno di una crisi geopolitica e all’uscita, almeno pare, da una pandemia che ha piegato l’economia italiana. Conte, con un approccio pragmatico al limite del cinismo, parte da un assunto per certi versi banale: le persone non vogliono la guerra. Nessuno, infatti, la vorrebbe, se non Vladimir Putin che l’ha scatenata. Facile fare un sondaggio su questo punto: chi mai potrebbe pensare che un conflitto sia un evento positivo, perché semina morte e distruzione, facendo avvertire l’onda lunga degli effetti in ogni angolo del pianeta. Lo si capisce dal caro-energia, dal balzo dei prezzi dei beni di prima necessità.
Lo slogan sulle armi
La guerra si sente già nelle tasche dei cittadini, che perciò vorrebbero la pace subito. Come tutti. Il punto sarebbe come arrivarci. Lo slogan “basta armi” serve al M5S per parlare a un’ampia fascia di elettorato. Magari in crescita, visto che nell’opinione pubblica ha iniziato a fare breccia la linea pacifista tout court, costi quel che costi. E pazienza per il destino dell’Ucraina. Un calcolo anche legittimo, che però apre un interrogativo inquietante: il Partito democratico di Enrico Letta fino a dove può spingersi nella comprensione dell’ipotetico alleato? Negli anni a venire, la collocazione internazionale sarà un punto centrale di qualsiasi alleanza. Un’eventuale tregua in Ucraina sarebbe un balsamo per tutti, ma non è pensabile che tutto torni come prima. Perciò Conte e i 5 Stelle dovrebbe uscire dall’ambiguità di un filo-atlantismo a corrente alternata, in linea con antiche tesi del Movimento. Non sono certo un segreto i buoni uffici di Beppe Grillo con la Cina, così come Vito Petrocelli, cacciato per le sue simpatie cremliniane, non è sbucato fuori dal nulla, ma è frutto di radicate convinzioni nel Movimento.
Conte e il voto sulle armi
E resta poi da capire fino a dove voglia spingersi Conte. La richiesta di un voto sull’invio di nuove armi, dopo la risoluzione delle scorse settimane, sembra il preludio all’apertura di una crisi di governo. Nel caso in cui il Parlamento dovesse pronunciarsi, difficile immaginare il disco verde da parte del Movimento 5 Stelle. Andando però incontro a un rischio: la pattuglia di parlamentari non è così intenzionata a creare grattacapi al governo, provocando una possibile caduta. Lo spauracchio delle elezioni favorisce una posizione più mite: in poche decine saranno rieletti. E chi c’è già, vuole tenersi il seggio bello stretto.