Un Conte salvinizzato sulla strada per l’Ucraina. O comunque ben lontano dal leader che, al Senato, bastonava verbalmente il numero uno della Lega, litigando davanti agli italiani, in pieno agosto del 2019. Un’era fa. La guerra in Russia ha risvegliato la vecchia intesa, che appariva archiviata negli annali della storia politica con una svolta tutta progressista da parte dell’ex presidente del Consiglio accolto a braccia aperte dal Partito democratico. Prima da Nicola Zingaretti che lo vedeva già proiettato come candidato di una coalizione 5 Stelle-Pd, e poi con Enrico Letta che vuole coltivare un rapporto speciale con Conte.
Pacifismo strumentale
E invece il vecchio sentimento di passione verso il Cremlino ha portato a un’assonanza i due “ex” litiganti, l’avvocato di Volturara Appula e il segretario leghista. Per carità, entrambi hanno condannato l’aggressione di Vladimir Putin, e ci mancherebbe, e si dichiarano al fianco del popolo ucraino. Addirittura Salvini è andato al confine con la Polonia per rimediare una figuraccia in eurovisione, anche se gradualmente ha fatto sparire la guerra dai suoi profili social e dalle dichiarazioni pubbliche. E del resto in filigrana, dietro la tentazione pacifista, si intravede la strumentalità delle posizioni, degli appelli ai negoziati un po’ interessati.

(Credit: Screenshot video Senato)
Come se ci avessero pensato solo loro, super geni della politica e della diplomazia cia social, fingendo di non sapere che Putin non vuol sentir ragioni. Il capo del Cremlino vuole vincere la guerra, di certo non accetta una vera trattativa senza potersi dichiarare vincitore sedendo al tavolo negoziale in una posizione di forza. Una spinta pacifista, contro la spesa militare, di Conte e Salvini che appare quantomeno po’ strumentale, visto che quando sono stati al governo non si sono tanto preoccupati di fare dei tagli in quella direzione. E si vivevano tempi di pace.
Conte e i soliti 5 Stelle
Cosa cambia in soldoni questa situazione? Una previsione è ancora difficile, ma per il Pd è sicuramente un campanello d’allarme. I 5 Stelle a trazione contiana non sono molto più affidabili rispetto a quello che erano prima, come conferma la liasion strisciante con il barricadero Alessandro Di Battista, vero e proprio haters dei dem, ospite fisso di Floris do scaglia le sue intemerate senza essere ne interrotto ne smentito. Resta insomma l’equivoco di fondo di un progetto politico che comunque non accetta etichette, per sua natura ondivago. Compreso tra posizioni in giacca e la cravatta, alla Luigi Di Maio, e il ribellismo dibattistiano.
Tuttavia l’ennesimo riposizionamento sta provocando non pochi mal di pancia all’interno del Movimento, sempre più sorpreso dai cambi di linea del suo leader. Gli eletti seguono una linea, il loro capo la cambia all’istante. Fino a poche settimane fa, infatti, i parlamentari pentastellati hanno votato favorevolmente ai pareri richiesti sull’acquisto di nuovi sistemi d’arma. Passano poche ore ed ecco che il quadro si capovolge. Conte chiede al presidente del Consiglio, Mario Draghi, di rivedere gli impegni promessi con la Nato, che peraltro erano il semplice prosieguo di quanto avviato dallo stesso Conte.