“Sogno spesso le violenze della polizia nei boschi della Croazia. Una volta ci hanno fatto camminare senza sosta in salita per ore, continuando a darci percosse, un poliziotto si divertiva a farlo, gli altri gli dicevano di smetterla, ma lui andava avanti. Un’altra volta ci hanno denudato e gettato in un fiume gelido, con le rocce che spuntavano dall’acqua. Una volta invece la polizia è arrivata, i piedi erano feriti e non siamo riusciti a scappare, avevano i cani. Uno di noi è stato bastonato dalla polizia alla testa ed è morto sul colpo. È morto e l’hanno preso e buttato nel fiume, il suo corpo non l’abbiamo ritrovato”. Sono le parole di Abdel, diventato da poco maggiorenne, arrivato l’anno scorso in Italia. Farsi che raccontano le pratiche del “game”, il “gioco” compiuto dalle autorità croate. Il giovane, oggi ancora in Italia dopo aver superato l’incubo della rotta balcanica, vuole aprire un ristorante.
Dunque, ancora storie di respingimenti, ancora storie di minori costretti a subire violenze e abusi da parte delle autorità. Lungo la cosiddetta rotta balcanica si consumano ancora violazioni dei diritti umani, soprattutto in Croazia. Ma anche sulla frontiera a nord-ovest dell’Italia, a Ventimiglia, la situazione è preoccupante. Proprio mentre, il 20 giugno, sta per celebrarsi la Giornata Mondiale del Rifugiato, arriva la denuncia di Save the Children, attraverso il rapporto, realizzato dal giornalista Daniele e dal fotoreporter Alessio Romenzi e ribattezzato “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa”. Sono “minorenni invisibili continuamente esposti al rischio di incidenti, traffico di esseri umani, violenze psicologiche e fisiche, anche per mano istituzionale”, racconta l’Organizzazione non governativa.

I respingimenti dei minori non accompagnati
Cosa succede quindi? “Una volta arrivati in Italia, minori e famiglie continuano a essere vittime di respingimenti alle frontiere interne, che in particolare per i minori soli sono illegali”, spiega Save The Children. Tanto per capire: solo nel mese di aprile sono stati 107 i minori stranieri non accompagnati che hanno fatto ingresso in Italia dalla rotta balcanica; sono intercettati e accolti nel sistema di protezione italiano. “La punta di un iceberg ben più consistente – prosegue l’Ong – sempre ad aprile, 24 di loro hanno invece lasciato volontariamente le strutture di accoglienza del Friuli Venezia Giulia per raggiungere la frontiera ovest italiana, al confine con la Francia, a Ventimiglia o a Oulx. E ancora 24 sono le segnalazioni di respingimenti da parte della polizia di frontiera francese”.
Le storie parlano da sé. A Mentone, in Francia, i minori non accompagnati vengono rinchiusi in container con altri migranti. In molti casi viene modificata la data di nascita in modo da farli risultare maggiorenni e renderli così “respingibili” verso Ventimiglia. Un’Odissea che si arricchisce di altri dettagli terrificanti: “Tra la cittadina italiana di Claviere e la francese Monginevro, se trovi il ‘poliziotto buono’ sei accolto e tutelato, altrimenti vieni considerato maggiorenne e devi tornare da dove sei partito qualche ora prima”, mette nero su bianco il rapporto di Save The Children. E ancora: “A Trieste, fino a pochi mesi fa le forze di polizia italiane seguivano una prassi non meno preoccupante verso chi arrivava dalla Slovenia, la quale prevedeva che, in assenza di dubbi della polizia sull’età adulta, si potesse prescindere dall’eventuale dichiarazione di minore età”.

La testimonianza di Gyasi
Un’altra testimonianza rende l’idea. Gyasi, 17 anni, è nato in Ciad: ha una gamba ferita da una proiettili esploso da un poliziotto libico, mentre fuggiva da un centro di detenzione. “Un mese prima era sopravvissuto dopo tre giorni in mare su un gommone con il motore in panne, era stato recuperato dalla Guardia costiera libica e ricondotto nel centro di detenzione in cui aveva passato i successivi 20 mesi. Una volta ripartito, è arrivato in Sicilia e dopo la quarantena a Ventimiglia”, racconta Save the Children. L’Ong lo ha incontrato dopo una notte passata in un container, insieme decine di persone migranti, adulti e bambini, al posto di polizia di frontiera francese di Mentone, al confine con l’Italia.
“Ho dichiarato la mia data di nascita, 2004, quella con cui sono stato registrato allo sbarco in Sicilia. Ma non mi hanno creduto e mi hanno riportato in Italia scrivendo sul refus d’entrée una data che mi fa risultare maggiorenne”, dice. Non è il solo caso: “Altri minori denunciano la stessa prassi, respinti come maggiorenni oppure per la mancanza di tampone molecolare anti-Covid o del possesso dell’importo minimo di soldi per soggiornare in Francia”. Dal 2015, infatti, la Francia ha ristabilito i controlli alle frontiere dell’Unione europea, giustificandoli con il rischio di infiltrazioni terroristiche. Da allora i numeri dei respingimenti sono aumentati in maniera esponenziale: i 50mila respinti del 2017 restano il primato assoluto. “Ma sono dati parziali, perché non riguardano tutti i passaggi di frontiera”, spiegano dall’Ong.
Lo shock dei bambini

Le parole svelano l’ipocrisia europea di fronte agli abusi delle autorità croate. “Hanno preso i soldi da ogni famiglia. Hanno picchiato anche noi. Tenevano dei bastoni di plastica. Ci hanno colpito con quelli”, racconta Zalmai, fuggito dall’Afghanistan insieme alla famiglia, una moglie e due figlie, di 6 e 4 anni. Le bambine sono segnate da una profonda ferita psicologica dopo la permanenza nei campi di Moria, sull’isola di Lesbo. Una delle figlie, riferisce la testimonianza, a volte urla e si dimena per diversi minuti, incontrollabile, senza un apparente motivo scatenante. “Sapete che gioco fanno ogni tanto? Quello del poliziotto che picchia il migrante. Purtroppo hanno visto quando la polizia croata ci ha malmenato, e non se lo dimenticano”, spiega il padre.
“Non si può più dire ‘non sapevamo’”, dice Raffaela Milano, direttrice del programma Italia-Europa di Save The Children. “Gli Stati membri dell’Unione Europea – aggiunge Milano – potrebbero gestire virtuosamente questi flussi di minori vulnerabili. Non solo in nome della solidarietà, che è un valore fondante, ma anche per cogliere l’opportunità di rendere parte attiva della società tutti questi ragazzi determinati a costruirsi un futuro”.