Cibo ed i 17 SDGS (obiettivi di sviluppo sostenibili dell’Agenda 2030 dell’Onu): secondo un rapporto appena presentato a discusso al G20 delle economie mondiali più importanti siamo messi proprio male. Appena il 10% delle 100 più grandi aziende del settore cibo e bevande (Food&Beverage) si impegna appieno per promuovere modelli alimentari sani e sostenibili. L’altro 90 per cento, anche no.
Secondo le analisi dell’Osservatorio Sostenibilità di Nomisma, un terzo delle emissioni di gas serra è prodotto dal comparto agroalimentare, in un quadro generale che vede crescere le emissioni di gas serra, aumentate negli ultimi 30 anni del 50%.
Lo studio in questione si chiama “Fixing the Business of Food” ed il risultato del lavoro della Fondazione Barilla Center for Food, del Suistainable Development Solutions Network dell’Onu, del Columbia Center on Suistainable Investment e del Santa ChiaraLab dell’Università di Siena.
Lo studio riporta anche che il 90% di quelle 100 maggiori aziende del settore “cibo” prese in esame, ha certamente monitorato le proprie emissioni di gas serra, ma che poi solo il 22% ha fissato un obiettivo di riduzione per le emissioni nelle proprie strategie di sostenibilità. Per chiudere questa carrellata di dati non esaltanti, il 5% del totale di aziende ha cercato e trovato obiettivi legati alla gestione strategica e sostenibile della catena di approvvigionamento.
La Cia-Agricoltori Italiani sostiene che un approccio più razionale nelle strategie imprenditoriali, insieme alle nuove tecnologie, sarebbe di estremo giovamento al nostro settore agricolo, in fase di transizione.
E sulla questione è intervenuto Guido Barilla, presidente del Gruppo Barilla e della Fondazione Barilla :”A livello globale i nostri sistemi alimentari non sono sostenibili e, allo stesso tempo, i cambiamenti climatici mettono a rischio il futuro dell’agricoltura. È arrivato il momento di ripensare il sistema”.