Centrodestra in ebollizione. La tregua ritrovata si è già persa, dopo appena poche ore. Al vertice del disgelo avvenuto ieri ad Arcore, seguono infatti rumorosi i molteplici malumori di Fratelli d’Italia. Dalle imminenti amministrative alle alleanze in vista delle politiche del 2023, non c’è un tema su cui il centrodestra non mostri in tutta la loro evidenza le plateali divergenze politiche e culturali tra i tre alleati (FI, Lega e FdI). Differenze presenti da sempre, ma fortemente acuitesi negli anni, governo tecnico dopo governo tecnico.
Giorgia Meloni pungola il centrodestra
“È sicuramente positivo essersi incontrati, ma l’unità della coalizione non basta declamarla. Occorre costruirla nei fatti” tuona Giorgia Meloni, scottata da anni di opposizione a governi tecnici o di “larghe intese”, che hanno contato sull’appoggio dapprima di Forza Italia e poi anche della Lega. Con nel mezzo, l’esperimento gialloverde.
Ed è per questo che la leader di FdI torna anche su un suo chiodo fisso: il patto “anti-inciucio”. Lamentandosi su come fin qui Berlusconi e Salvini, ad ora parti integranti del governo Draghi, abbiano speso solo parole senza fare alcun gesto concreto in tal senso.
Il nodo elezioni
Ma il punto più dolente sono le amministrative che incombono. In ben 5 comuni capoluogo il centrodestra va in ordine sparso. Particolarmente spinosa la questione delle regionali in Sicilia, dove la disputa è intorno al nome di Musumeci: “non ancora ufficializzata ricandidatura del presidente uscente Nello Musumeci in Sicilia, su cui la personale dichiarata disponibilità di Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Salvini di ritardare l’annuncio del candidato” afferma una Giorgia Meloni assai irritata. Ma brucia e tanto anche la divisione alle comunali di Verona, dove l’ex sindaco Tosi corre con l’appoggio di Forza Italia mentre Federico Sboarina è sostenuto da Lega e FdI.
Su Musumeci, dalla Lega rispondono a stretto giro, affermando che i dubbi non sono un capriccio di Salvini, ma una cruda presa d’atto del responso unanime dei sondaggi, nei quali la popolazione siciliana si dimostrerebbe tutt’altro che entusiasta del governatore uscente.
Eppure, appena ieri, a vertice concluso, Silvio Berlusconi rassicurava tutti, affermando che “solo un pazzo potrebbe pensare di mandare all’aria questa coalizione”. Ma sempre di più trattasi di un Berlusconi malinconico, consapevole che il processo di sfaldamento del proprio partito è irreversibile e parallelo con la perdita della sua personale forza politica.
Eppure, un dogma della politica italiana individua nel centrodestra quella coalizione in cui gli alleati non si risparmiano tremende coltellate ma dove, puntualmente, nella zona Cesarini di ogni corsa elettorale, si trova “la quadra”: espressione di origine bossiana con la quale gli alleati “ritrovati” hanno sempre tentato di nobilitare il cartello elettorale dell’ultimo minuto, solitamente ricomposto sotto i diktat dello storico padre padrone: Silvio Berlusconi. Può darsi che Berlusconi anche stavolta ci stupisca con effetti speciali, come nel 2013. Ma anche se così fosse, negli ultimi dieci anni questi effetti speciali hanno portato inaspettate rinascite, ma mai governabilità. E visto che nel centrosinistra la situazione non è meno caotica, siamo proprio sicuri che nel 2023 avremo un governo “politico” ?