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Carne coltivata in laboratorio: un’alternativa sostenibile?

by Mauro Pasquini
31 Marzo 2021
in 2030, Acqua, Agricoltura, Ambiente, Business, Mondo, Primo Piano, Salute, Storie, Tech
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Carne coltivata in laboratorio come alternativa all’insostenibile produzione tradizionale? Quali sono i vantaggi? Ma soprattutto, di cosa stiamo parlando? Ecco tutte le risposte.

L’interesse dei grandi investitori

Le aziende di tutto il mondo si stanno muovendo rapidamente per immettere sul mercato prodotti a base di carne ottenuta mediante coltura di cellule animali in laboratorio. Questi prodotti alimentari sono noti anche come carni “pulite” o “coltivate”. A Singapore, il 2 dicembre 2020, l’autorità competente in materia ha autorizzato per la prima volta la commercializzazione della carne coltivata in laboratorio. Sebbene queste carni possano non sembrare troppo attraenti per il consumatore abituale, il loro commercio ha stuzzicato l’appetito di numerosi investitori.

Foto: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bill_Gates_MSC_2017.jpg

Nel 2017, ad esempio, Memphis Meats (Berkeley, California) ha raccolto 17 milioni di dollari da finanziatori come Bill Gates e l’azienda agricola Cargill. Questo interesse crescente e soprattutto l’incremento degli interventi da parte dei grandi investitori impone al centro dell’attenzione la seguente domanda: siamo davanti a una possibile alternativa sostenibile alla produzione tradizionale di carne?

Cos’è la carne coltivata in laboratorio?

La carne coltivata in laboratorio può essere prodotta da qualsiasi animale che abbia cellule staminali muscolari specifiche. Il che significa tutti gli animali comunemente utilizzati come cibo: mammiferi, uccelli e pesci. La carne coltivata in laboratorio viene prodotta prelevando un piccolo campione di cellule staminali, di solito dal muscolo magro, attraverso una procedura non troppo invasiva. Il procedimento è simile a quello con cui viene prelevato il sangue.

Una volta ottenute le cellule originali, queste vengono fatte replicare attraverso colture cellulari. Dopo averne ottenuto un numero sufficiente, le cellule vengono assemblate in gruppi per formare un piccolo tessuto muscolare, molto simile alle fibre muscolari di una bistecca. Il prodotto che ne risulta è carne vera al 100%.

Quali sono i possibili vantaggi?

La domanda di prodotti zootecnici è in rapido aumento e si prevede che entro il 2050 sarà più che raddoppiata. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il settore dell’allevamento è già responsabile del 18% dei gas serra. Una cifra che da sola vale più di tutte le emissioni di navi, aerei, camion, automobili e tutte le altre tipologie di trasporti messe insieme.

Inoltre, si stima che circa il 30% della superficie terrestre sia attualmente utilizzata per l’allevamento di bestiame. Questo nonostante la produzione di carne sia estremamente dispendiosa in termini di risorse. Infatti, per crescere, raccogliere e trasportare il mangime destinato agli animali d’allevamento, sono necessari enormi quantità di terra, acqua ed energia. Per produrre un chilogrammo di carne bovina, ad esempio, occorrono 25 chilogrammi di grano (per nutrire l’animale) e circa 15mila litri di acqua.

Una sfida da affrontare

Attualmente, produciamo calorie sufficienti per nutrire 10-11 miliardi di persone in tutto il mondo. Tuttavia, la maggior parte di questo cibo va a nutrire il bestiame e non le persone. Questo nonostante l’11% della popolazione del nostro pianeta soffra di denutrizione. È chiaro che la produzione di carne così com’è è insostenibile. E con molte persone riluttanti a cambiare la loro dieta, la carne coltivata in laboratorio potrebbe servire come soluzione necessaria. Tuttavia, fattori etici, economici e nutrizionali, così come l’impronta di carbonio, sono tutti elementi che devono essere tutti valutati con attenzione prima di poter parlare di una alternativa ideale. Ma è una sfida che dobbiamo affrontare. Subito e senza pregiudizi.

Articolo tratto da Impakter.com.

 

 

 

Tags: alimentazionecarnecarne coltivataciboCo2Faogas serraproduzione animalesostenibilitàzootecnia
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