La guerrra in Ucraina. Con la guerra non c’è sostenibilità. Sembra banale da dire ma è drammatica la relazione tra quello che un conflitto armato lascia in eredità ai luoghi dove si è svolto, e la possibilità che lo sviluppo sostenibile, come lo intendiamo ormai da tempo e cioè cura dell’economia, del sociale e dell’ambiente, possa realizzarsi. La guerra in Ucraina a pochi passi da casa di ogni europeo è solo l’ultima spaventosa conferma di quanto appena scritto. Dal 2018 il CEOBs (Conflict and Environment Observatory – Osservatorio sui rapporti tra Guerra ed Ambiente) studia queste relazioni in giro per il mondo ed il suo rapporto, appena preliminare visto che la guerra è ancora in corso, è sconfortante. Ed apre anche una nuova questione: esistono vie legali che potrebbero essere aperte per l’Ucraina nel cercare responsabilità e risarcimento per i danni ambientali?
La situazione ad oggi.
La regione orientale del Donbas in Ucraina è una delle aree più industrializzate della Terra. Ha una storia di 200 anni di miniere di carbone e di industria pesante. La guerra ha già portato ad una diffusa contaminazione delle acque sotterranee dalle miniere allagate, ed i combattimenti in corso rischiano di innescare un’emergenza chimica con una serie di impianti sensibili vicino alla linea di contatto.
L’uso di armi pesanti ha generato il rischio di gravi incidenti di inquinamento da impianti industriali sensibili e infrastrutture civili. I sistemi di gestione dei rifiuti sono stati gravemente degradati e sopraffatti dai detriti del conflitto, e si sospetta l’inquinamento da residui di munizioni e una serie di servizi ambientali sono stati colpiti dal conflitto. Anche gli ecosistemi e le risorse naturali della regione sono stati colpiti, con aree agricole degradate – l’Ucraina era il granaio d’Europa – foreste e aree protette danneggiate da abbattimenti, incendi, attività minerarie e militari.
Molti pericoli, come l’inquinamento delle acque sotterranee da miniere allagate, o gli incidenti industriali, hanno il potenziale di colpire vaste aree e potrebbero quindi essere un punto di cooperazione attraverso la linea di contatto. L’OSCE (l’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa), che monitora il conflitto, cerca sempre più di affrontare le sue dimensioni ambientali. Le agenzie delle Nazioni Unite e le autorità di entrambe le parti hanno programmi in corso per riparare e mantenere i servizi ambientali di base, come la gestione dei rifiuti, l’approvvigionamento idrico ed energetico. Tuttavia, la mancanza di dati completi sul campo nelle aree colpite limita le possibilità di stabilire con precisione l’impatto ambientale del conflitto e qualsiasi rischio umanitario associato. C’è quindi urgente bisogno di ripristinare i sistemi di monitoraggio ambientale prebellici.

La questione legale: chi paga i danni ambientali?
Sembra facile: la Russia. Non è così semplice. Le possibilità di perseguire la responsabilità penale internazionale per i crimini ambientali in Ucraina esistono, ma sono alquanto limitate. In particolare, l’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale ha annunciato che aprirà un’indagine sui crimini perpetrati in Ucraina, e il procuratore Karim Khan QC ha dichiarato che “c’è una base ragionevole per credere che siano stati commessi sia presunti crimini di guerra che crimini contro l’umanità“.
In teoria, Khan potrebbe scegliere di indagare sul crimine di guerra eco-centrico della CPI. Ai sensi dell’articolo 8(b)(iv) dello Statuto di Roma della CPI, la Corte ha giurisdizione sul crimine di “lanciare intenzionalmente un attacco sapendo che tale attacco causerà…danni diffusi, a lungo termine e gravi all’ambiente naturale“. Ma perchè questa accusa abbia solide basi bisogna provare che “il danno all’ambiente naturale era chiaramente eccessivo in relazione al vantaggio militare globale concreto e diretto previsto“.
Su questo argomento ha scritto Rachel Killean è docente senior presso la School of Law della Queen’s University Belfast, dove i suoi interessi di ricerca si concentrano sulle risposte ai periodi di violenza e atrocità, compreso il diritto penale internazionale e altri meccanismi di giustizia transizionale.
“Sia l’Ucraina che la comunità internazionale si sono affrettati a richiamare l’attenzione sulla possibilità di una futura responsabilità penale per le azioni della Russia. Mentre gran parte di questa discussione si è naturalmente concentrata sul costo umano dell’invasione, vale anche la pena esplorare quali opzioni esistono per perseguire la responsabilità per i gravi impatti ambientali delle azioni della Russia.
Responsabilità interna per l’ecocidio in Ucraina?
L’occupazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata descritta dalla procura generale ucraina e dal servizio di sicurezza dell’Ucraina sia come un atto terroristico che come la “commissione di un ecocidio” che richiede un’indagine penale. Il termine è stato usato anche per descrivere il bombardamento russo del Centro Scientifico Nazionale Kharkiv Physics and Technical Institute, dove sono conservati elementi nucleari come parte di un impianto nucleare di ricerca.
L’uso della terminologia “ecocidio” riflette sia la scala del rischio percepito che il particolare contesto legale dell’Ucraina. L’Ucraina è uno dei pochi stati (compresa la Russia) che hanno criminalizzato l'”ecocidio” attraverso la legislazione nazionale. L’Ucraina definisce l’ecocidio come “distruzione di massa della flora e della fauna, avvelenamento dell’aria o delle risorse idriche, e anche qualsiasi altra azione che possa causare un disastro ambientale” nell’articolo 441 del suo codice penale. Se i procedimenti interni dovessero mai diventare fattibili, è certamente possibile vedere questo articolo applicato agli atti dell’esercito russo”.